Ecco perché diffidare dell’olio EVO low cost!
6 Settembre 2019Olio EVO: un tesoro che resiste ai dazi
6 Dicembre 2019Vi è un’estrema variabilità fra le diverse annate e le minacce per l’olivicoltura sono tante. Ma si sta sottovalutando la minaccia più grande: il cambiamento climatico e l’innalzamento delle temperature.
Allarmismi…. a volte infondati
Di anno in anno, si moltiplicano i pericoli per l’olivicoltura. Gli allarmismi sulla produzione di olio extra vergine d’oliva sono più che fondati, tuttavia non sempre lo sono sulla diffusione di malattie e parassiti. Indubbiamente persistono notevoli pericoli che minacciano lo stato di salute degli ulivi: tra questi la Bactrocera oleae, più comunemente conosciuta come mosca olearia, che prospera in ambienti umidi. Questa provoca imbrunimenti e cambi di colore improvvisi della superficie dell’oliva, di solito localizzati. Questo marciume, seppur localizzato, inficia la qualità dell’oliva e l’olio da essa derivato.
L’ultimo allarme arriva dal nord Italia ed è generato dalla comparsa della cimice asiatica. Questo insetto provoca danni molto simili a quelli della mosca olearia. In questo caso, basta tagliare con un coltellino la parte imbrunita per notare come all’interno sia tutta marcia, senza però mostrare erosioni o gallerie. Questo insetto polifago, venuto dall’oriente, riesce a riprodursi senza sosta, non essendo contrastato da insetti antagonisti. Nonostante siano state avviate trattative per portare in Italia il suo antagonista naturale, la vespa samurai, il processo sembra essere ancora lungo. I danni della cimice potrebbero essere amplificati nel caso di alberi già destabilizzati.
Il vero pericolo: il cambiamento climatico
Più che fondato, dovrebbe però essere l’allarmismo sul cambiamento climatico. Infatti, il problema maggiore non è l’effetto dei singoli effetti, quanto un insieme di fattori che contribuiscono ad indebolire il sistema immunitario della pianta. Le cause di questo progressivo indebolimento della capacità della piante di reagire è dovuto anche al cambiamento climatico.
I cambiamenti climatici producono ingenti danni, soprattutto negli uliveti trascurati o abbandonati, dove la mancanza di cure causa una maggiore probabilità di proliferazione di agenti patogeni. L’olivo, di per sé, non ha bisogno di eccessive cure per cui molti olivicoltori continuano a perseguire un tipo di coltivazione molto blanda, molti tendevano quasi a dismettere gli uliveti. Queste tecniche di coltivazione non sono più sostenibili. Gli ulivi hanno bisogno di più cure per far fronte a temperature inusuali. Gli uliveti, targati “L’Olio dei Sassi”, ricevono costanti cure durante tutto l’anno per far fronte ad estati torride, inverni rigidi e mezze stagioni con tempeste burrascose.
Il prof. Marracchi, climatologo di fama internazionale, più volte evidenziò l’importanza degli effetti del cambiamento climatico. Secondo i suoi studi, si sta avviando una progressiva tropicalizzazione del clima mediterraneo. Ad esserne interessate maggiormente sono per lo più le regioni dell’Europa meridionale, e ancora di più le regioni del meridione italiano. Climi più tropicali sono dovuti allo spostamento della cella di hadley (zona climatica tradizionalmente posizionata sui tropici) verso nord. Ciò comporta una notevole mutevolezza dei fenomeni climatici: temperature innalzate, stagioni svasate, situazioni climatiche estreme.
L’olivo è una pianta che si adatta bene a diverse temperature ma ha tuttavia, pur sempre bisogno di adeguata disponibilità di acqua, luce e calore. Queste sono, infatti, tre componenti importantissime per mantenere un buon stato di salute della pianta e, successivamente, per una produzione soddisfacente: troppa o troppo poca pioggia può avere effetti nefasti. Eccessi o limitazioni comportano una maggiore sensibilità alle malattie (occhio di pavone, lebbra, ecc.), una notevole riduzione del peso delle drupe e modifiche della composizione sensoriale.
Il rischio di tempestivi sbalzi termici, correlati al generale cambiamento climatico, rappresenta un’altra fonte di incertezza per gli olivicoltori.
Un eccesso di calore porta a carenza idrica nella pianta. Per questi motivi, l’olivo ha un comportamento molto simile a quello che avremmo noi se ci trovassimo in un deserto a lungo: riduce le sue attività fisiologiche in attesa di tempi migliori. Tuttavia una riduzione prolungata delle attività fisiologiche indebolisce la pianta che, così, è più soggetta ad attacchi di parassiti e malattie. Al contrario, temperature troppo basse potrebbero provocare danni in epoca precoce (fine autunno per le piante non ancora acclimatate), in pieno inverno in caso di temperature troppo rigide e alta percentuale di umidità, e all’inizio della primavera per piante precoci.
Gli effetti dell’innalzamento termico
Uno studio spagnolo ha testato il comportamento delle piante di olivo in condizioni di temperature generali innalzate di 4°C. Creando delle “Open Top Chambers”, i ricercatori spagnoli hanno potuto osservare gli effetti dell’innalzamento termico. Gli effetti maggiori sono stati osservati sulla fioritura e l’allegagione (fase di trasformazione dei fiori in frutti). In particolare, si è verificata un’estensione della fase di fioritura: questo è un fenomeno potenzialmente rischioso in quanto espone la piante a ritorni di freddo che potrebbero danneggiare, se non addirittura, bruciare i fiori con conseguenze negative sulla percentuale di allegagione e sulla successiva produzione. Temperature elevate hanno instaurato nella pianta uno stato idrico deficitario che ha ridotto la percentuale di allegagione, il numero di drupe (frutti). Inoltre, nelle tre annate di osservazione, si è notato un anticipo dell’invaiatura fra 17 e 30 giorni accompagnata, però, da una fase di maturazione , in cui si verifica l’accumulo di olio nella drupa, più lenta con una riduzione della percentuale di olio di circa il 30%.
Oltre a ciò si è verificato anche una notevole riduzione della resa in olio, -60/70% circa, dovuto all’aborto di frutticini nella fase di allegagione.
E’ tuttavia interessante notare che temperature innalzate hanno causato una maggiore crescita vegetativa dei rami e del diametro del tronco.
Come abbiamo visto, scenari di temperature generalmente più alte, anche di pochi gradi, portano con sè importanti conseguenze per l’olivicoltura italiana e non solo. L’innalzamento delle temperature intaccherebbe il bisogno della pianta di “vernalizzare” (sentire freddo durante l’inverno). Anche l’eccessiva umidità crea un ambiente estremamente favorevole per l’attacco di parassiti, in quanto si viene a creare una sorta di strato umido sulle olive di cui si avvantaggiano insetti e malattie fungine (occhio di pavone, cercospora, ecc.)
Sebbene si continui a sottovalutare i distruttivi rischi di un continuo innalzamento termico, molti studiosi ed esperti agronomi continuano a paventare scenari di completa ridefinizione del panorama olivicolo mediterraneo. Secondo alcuni di questi, addirittura, si potrà assistere ad uno spostamento verso nord della linea di produzione olivicola entro il 2050.